lunedì 20 giugno 2016

Da tradurre: Patricio Pron



Patricio Pron




Letteratura e politica nell’ultimo romanzo di Patricio Pron 

Patricio Pron, scrittore argentino tra i migliori della sua generazione, ma anche critico, traduttore e saggista, in Italia è noto solo per Lo spirito dei miei padri si innalza nella pioggia (Guanda 2013), il quinto dei suoi sette romanzi, in cui si intrecciano gli echi di un’infanzia vissuta sotto la dittatura e il disvelamento di nuovi e antichi delitti: un libro notevole, in cui la sapienza narrativa e la sperimentazione formale vanno di pari passo, e che induce a chiedersi come mai a nessun editore italiano sia venuta voglia di tradurre qualcos’altro dell’autore, a cominciare da magnifiche antologie come El mundo sin las personas que lo afean y lo arruinan e La vida interior de las plantas de interior. E viene anche da chiedersi come mai non sia in vista una traduzione nella nostra lingua del suo nuovo libro, edito da Literatura Random House (Knopf ha acquistato i diritti per gli USA): un’opera densa e importante, accolta con grande entusiasmo dalla critica. Eppure questo romanzo dal titolo lunghissimo (No derrames tus lagrimas para nadie que viva en estas calles), che si srotola in copertina sopra un’inquietante immagine di Chema Madoz, potrebbe risultare particolarmente interessante per i lettori italiani, o per quanti tra loro non siano ancora cloroformizzati da un’offerta editoriale sempre più pavida e conformista.

Pron, nato a Rosario nel 1975, vissuto a lungo in Germania e da anni residente a Madrid, da autentico scrittore transnazionale – e in controtendenza rispetto ai suoi giovani colleghi latinoamericani, dimentichi della fascinazione dei padri per Parigi e la Francia, e interessati piuttosto agli USA o alla Mitteleuropa del Terzo Reich – ha scelto infatti di ambientare proprio nel nostro paese una vicenda complessa, fitta di personaggi, narrata a più voci e compresa in un arco temporale che va dal 1945 al 2014 e include le figure di tre membri della stessa famiglia (i Linden, origine svizzera e radici a Torino e Milano: un nonno partigiano e falegname, un figlio studente e fiancheggiatore delle Brigate Rosse, un nipote abbandonato dalla madre e legato ai centri sociali, che vive al ritmo di una musica ininterrotta e pulsante), uniti, più che da rapporti di affetto, dall’incontro e dal confronto con lo scrittore futurista Luca Borrello, o con la sua memoria e le sue opere mai pubblicate.

È Borrello, fascista anomalo e dissidente, a salvare la vita al partigiano Francesco; sono il nome e le carte di Borrello a spingere lo studente Pietro verso una singolare indagine; è l’ombra nebulosa di Borrello a scuotere il ragazzo Tommaso, in un’Italia che, come altri paesi europei, affronta l’arretramento dei diritti e l’approfondirsi delle diseguaglianze economiche e sociali, in nome del neoliberismo globale. Ai tre Linden, e a tutti noi, la figura di Borrello pone un medesimo, irrisolto interrogativo sull’uso politico della violenza, ma soprattutto induce il lettore ad affrontare temi quali il rapporto tra letteratura e politica, la costruzione del passato attraverso il racconto che se ne fa, così spesso finalizzato a legittimare il presente, e infine il ruolo dell’avanguardia e la “cancellazione” dell’autore a fronte della salvezza del testo. Questioni che non da ora si agitano sopra e sotto la superficie della critica letteraria, rimandando a dibattiti intensi e mai esauriti – tanto più adesso, nell’epoca dell’anonima e selvaggia intertestualità della rete –, e ai quali lo stesso Pron ha dato un contributo con El libro tachado. Prácticas de la negación y del silencio en la crisis de la literatura, saggio uscito un anno fa.

Patricio Pron è riuscito a far filtrare tutto questo attraverso una poliedrica e robusta struttura narrativa, il cui nucleo è un immaginario Congresso di Letteratura Fascista ideato da Ezra Pound e tenutosi a Pinerolo nel 1945, con il concorso o l’assenza giustificata di scrittori convenuti da tutta Europa, sotto l’ala di Ferdinando Mezzasoma, ministro della Cultura Popolare della RSI, e alla presenza del suo emissario Giorgio Almirante. Un congresso subito interrotto dalla morte misteriosa di Luca Borrello e raccontato trent’anni dopo da tre scrittori futuristi sopravvissuti, che rievocano, tra guizzi di umorismo nerissimo, il misterioso Borrello e, soprattutto, la parabola di una corrente letteraria e artistica “rivoluzionaria” e la sua totale adesione al fascismo.

I nomi di scrittori di destra realmente esistiti affollano un testo che, pur restituendo l’atmosfera culturale di un’epoca, non è e non intende essere un romanzo storico e si rivela capace di parlare del nostro presente; e alle silhouettes di autori noti e meno noti, legati dal filo della sconfitta, si accompagnano vite immaginarie, imprese e opere di altri mai esistiti, tra infiniti rimandi e citazioni svelati in una nota finale, anche se molti, prima di arrivarci, avranno riconosciuto in Cosimo Zago e Flaminia Morlacchi due personaggi del romanzo di Pirandello Suo marito, e in Carlo Olgiati l’inventore del “metabolismo storico”, uscito dalla Sinagoga degli iconoclasti di Juan R. Wilcock. Meraviglioso, poi, è il capitolo dedicato alle opere perdute di Borrello – al quale Pron regala diversi titoli propri –, che assomiglia a una sorta di catalogo universale dell’avanguardia e induce a pensare, tra gli altri, ai libri manipolati e ricostruiti da Osvaldo Lamborghini o ai manufatti quasi segreti del poeta cileno Juan Luis Martínez. Un gioco non nuovo, ma affascinante, nel quale si colgono echi di Borges e Wilcock, di Queneau e Perec, di Aub e delle sue bromas literarias, come di Bolaño, Aira e altri ancora. Influssi espliciti, debiti dichiarati: quello che conta, però, è che No derrame tus lagrimas… non è il frutto di una pura e semplice ars combinatoria, e neppure un romanzo “alla maniera di”: perché l’autore immagina e scrive inequivocabilmente come Patricio Pron, dotato di una sua voce narrativa ormai riconoscibile e potente.

 

 

Una versione ridotta di questo articolo è uscita sulla rivista pagina 99 nel mese di giugno 2016