sabato 7 giugno 2014

Da leggere: Rodolfo Walsh


Rodolfo Walsh



Walsh per sempre

Grande giornalista, pioniere della crónica – ossia di un genere che affronta l’inchiesta con gli strumenti della narrativa e che in America Latina è intensamente praticato –, traduttore, compilatore di preziose antologie, commediografo, scrittore, direttore di riviste popolari, di agenzie di stampa e di giornali clandestini, crittografo dilettante che nei suoi anni cubani decifrò il dispaccio segreto in cui si annunciava lo sbarco nella Baia dei Porci, montonero catturato con le armi in pugno e trascinato moribondo nelle viscere della ESMA: tutto questo, e molto di più, è stato Rodolfo Walsh, intellettuale multiforme e coerente che ha lasciato un segno profondo e duraturo nella cultura non solo argentina e latinoamericana.

Anche per lui, tuttavia, rischia di valere quanto Juan Baptista Duizeide ha osservato in suo recente saggio su Haroldo Conti (Alrededor de Haroldo Conti, Ediciones Sudestada 2013), altro autore argentino di indiscutibile rilevanza e membro del Partido Revolucionario de los Trabajadores, la cui vita sembra curiosamente speculare a quella di Walsh, nonostante le considerevoli differenze politiche, letterarie e caratteriali che li divisero. Conti, inghiottito dall’ESMA alla fine del ’76 e torturato a morte, secondo Duizeide non verrebbe considerato per la sua opera, ma in quanto appartenente a “una nuova categoria, quella degli scrittori desaparecidos”: un’etichetta totalizzante, continua lo studioso, che da una parte ne appiattisce la complessità umana e letteraria, e dall’altra assomiglia a “una criminale imposizione del nemico”. Non si può negare, infatti, che l’aura di tragico eroismo conferita a Walsh dalle circostanze della sua scomparsa, così come la sua qualità di militante e di straordinario giornalista impegnato a narrare l’Argentina del ventennio ’50-’70, abbiano contribuito a porne in secondo piano l’opera più prettamente letteraria, che lo colloca tra i più grandi scrittori di lingua spagnola del ’900. A sancire definitivamente la sua entrata nel canone della letteratura argentina è stata la pubblicazione dei Cuentos completos, apparsi in Spagna nel 2010 per le edizioni Veintisieteletras e curati da Viviana Paletta, in cui alle sue quattro raccolte più note si sommano ventitré racconti mai apparsi in volume e usciti su diverse riviste (un’ altra edizione, curata e prefata da Ricardo Piglia, è apparsa l’anno scorso in Argentina presso le gloriose Ediciones de la Flor di Daniel Divinsky, con la preziosa aggiunta di un testo inedito e di alcune interviste introvabili e rivelatrici che Piglia e Rosalba Campra fecero all’autore).

Solo oggi, in coincidenza con il trentasettesimo anniversario della morte di Walsh, avvenuta il 25 marzo del 1977, parte di questi racconti arriva finalmente in Italia, nella traduzione di Anna Boccuti ed Elena Rolla per l’editore La Nuova Frontiera: riunite in un unico volume intitolato Fotografie (pag. 211), le antologie I riti terreni del 1965 e Un chilo d’oro del 1967 non mancheranno di stupire chi, conoscendo la storia di Walsh e avendo letto almeno una delle sue tre grandi inchieste “narrate” (l’unica tradotta è Operazione massacro (La Nuova Frontiera 2011); le altre due sono Quien mató a Rosendo e El caso Satanowsky), potrebbe aspettarsi una letteratura di esplicita denuncia, invece di una narrativa capace di affidare al lettore il compito di individuare il filo rosso che testimonia dell’impegno di uno scrittore, ma anche e soprattutto della sua devozione alle ragioni del racconto. A sorprendersi, però, saranno soprattutto quanti già conoscono i racconti gialli di Variazioni in rosso che, pubblicate in italiano nel 1998 da Sellerio, risalgono al 1953 e rappresentano l’esordio letterario di Walsh. La sua scrittura degli inizi è infatti legata al poliziesco classico inglese e americano, quello firmato Ellery Queen, Patrick Quentin e soprattutto Cornell Woolrich, tutti autori da lui tradotti per la Hachette, casa editrice dov’era entrato giovanissimo e per la quale aveva anche curato una antologia, Diez cuentos policiales argentinos, che includeva racconti di Borges, Manuel Peyrou e Jeronimo del Rey.

La distanza tra Variazioni in rosso e Fotografie si nota a colpo d’occhio: pur gradevoli, i racconti polizieschi di Walsh sono tutto sommato modesti e lievemente scolastici, e niente sembra annunciare la lingua ruvida ed essenziale e lo stile sincopato, le frasi tronche al punto da apparire ermetiche ai più pigri e che, scrive giustamente Anna Boccuto nella sua bella postfazione, sembrano esigere la complicità di chi legge e fanno della voluta incompletezza, delle cesure improvvise e delle infinite allusioni una straordinaria risorsa narrativa, sollecitando la capacità di navigare tra il non detto e la pluralità dei punti di vista che l’autore tratteggia e accosta (si veda il doppio binario, anche grafico, su cui scorrono in parallelo le voci di un traduttore e del suo editore nel bellissimo Nota a piè di pagina, in cui il testo in basso, frutto di una desolata emarginazione umana e culturale, finisce per divorare e cancellare quello in alto, espressione di una dominante e feroce “normalità”).

È attraverso racconti come Foto o Lettere che vediamo affiorare l’immagine di un’Argentina provinciale e remota durante la Década Infame, gli anni che fra il 1930 e il 1943 videro un succedersi di colpi di stato e regimi dittatoriali: storie di ragazzi come Mauricio, condannati alla rabbia e alla follia dalla impossibilità di esprimere la propria visione del mondo, ma anche ritratti di famiglie come quella dei potentissimi e corrotti Tolosa, pronti a enormi soprusi cui a stento ci si preoccupa di dare una spolverata di legalità, e di comunità rurali immerse nel torpore e nell’impotenza. Ed è in storie magistrali come Irlandesi dietro a un gatto e I riti terreni che troviamo l’eco dell’infanzia e della preadolescenza di Walsh, trascorse in due collegi retti da religiosi e creati per i figli dei connazionali meno abbienti dagli irlandesi immigrati in Argentina: quel periodo difficile e oscuro si trasforma in narrazione efficacissima ed inquietante su un’età della vita e su una comunità chiusa in balìa di una cultura violenta e gerarchica, giustificata dalla religione e dalla fedeltà ai valori del “vecchio mondo”. Insieme a El 37 e Un oscuro día de justicia, presenti nei Cuentos Completos ma non in Fotografie, i racconti formano una sorta di iniziatica “saga degli irlandesi” che sfiora il capolavoro, come ha riconosciuto Ricardo Piglia.

Ed è ovvio che ad aprire l’antologia sia il più celebre fra i racconti di Walsh, quello che fa da ponte tra la sua attività di giornalista e quella più squisitamente letteraria: Quella donna, dialogo tra un colonnello dei servizi segreti e un giornalista che vuole a tutti i costi scoprire dove si trova il cadavere della mai nominata Evita Perón, prima offerto all’adorazione popolare nella sede della CGT e poi trafugato nel 1955 dal governo golpista e nascosto per sedici anni, in quanto oggetto intrinsecamente sedizioso, fino ad approdare nel cimitero Monumentale di Milano. Dovute all’odio delle oligarchie, a passioni più che torbide, all’adorazione smisurata e santificante dei suoi fedeli e infine a una incontestabile necrofilia dai contorni collettivi, le incredibili peripezie di questo cadavere viaggiatore, profanato e violato, sono note a chiunque conosca la storia argentina o abbia semplicemente letto il romanzo-crónica Santa Evita di Tomás Eloy Martínez (Edizioni Sur 2012), altro grande giornalista e scrittore argentino che ha condiviso con Walsh il desiderio di scoprire la verità su quel corpo che l’imbalsamazione faceva apparire incorrotto. Su di esso, come attorno alla figura enigmatica, travolgente e modernissima di Evita, è nata del resto una vasta letteratura che sfiora tutti i possibili registri, dalla satira alla Copi al melodramma, dal romanzo storico al gotico dei tre racconti neri e “maledetti” del poeta Néstor Perlongher: ma l’essenza, il puro distillato di questo dramma tutto argentino, vanno cercati nella raffinata e inimitabile economia di mezzi del breve testo di Walsh, che una volta di più e senza discostarsi dalla verità è riuscito a trasformare in letteratura le vicende del suo paese, incarnate in un singolo individuo e proprio per questo, forse, pronte a diventare storia di tutti.

 

 

Questo articolo è uscito su Il manifesto nel marzo del 2014